Ecosistema Marino | Caratteristiche Chimico-fisiche | Risorse Marine | Inquinamento Marino | Mare e Letteratura

 
Santuario cetacei
Santuario dei Cetacei
  Un triangolo marino ricco di vita, è quello compreso tra la costa ligure, quella corsa e quella provenzale. Un ambiente che può vantare la più alta concentrazione di cetacei fra tutti i mari italiani e che con tutta probabilità rappresenta l'area faunisticamente più ricca dell'intero Mediterraneo.
Capodogli, balenottere comuni, delfini, grampi, globicefali costituiscono un ecosistema palagico di grande ricchezza che connota quest'area come eccezionalmente produttiva e ricca di forme viventi con valori che si avvicinano a quelli delle acque atlantiche.
Un ecosistema prezioso di cui occorre mantenere le condizioni ottimali se non si vuole correre il rischio di vederlo modificato dalle attività umane che si svolgono sul mare.

La costituzione dell'area protetta si avvia per volontà dell'Istituto Tethys che propone, nel 1990, l'istituzione di un regime di protezione per i cetacei presenti nel bacino corso-liguro-provenzale con il nome di Progetto Pelagos che prevede l'istituzione di una Riserva della Biosfera.

Il progetto si avvia, e tra le diverse attività che porta avanti, nel 1992 effettua un censimento sulla superficie del futuro Santuario che consente la stima numerica delle stenelle (piccolo delfino, 32.800 esemplari) e delle balenottere comuni (830 esemplari) presenti nella zona nel periodo estivo.

Nel frattempo viene prodotto il testo della "Dichiarazione Congiunta relativa all'Istituzione di un Santuario Mediterraneo per i Mammiferi Marini" che prevede l'istituzione del Santuario, la designazione di un'autorità competente a coordinarne la gestione, e l'adozione di misure appropriate - tra cui il divieto di catture deliberate e di turbative intenzionali per motivi di ricerca, l'uso di reti pelagiche derivanti, la lotta contro l'inquinamento, la regolamentazione delle competizioni off-shore, la regolamentazione delle attività di whale-watching e, infine, l'incoraggiamento di programmi di ricerca e di campagne di sensibilizzazione del grande pubblico - per garantire ai mammiferi marini della regione e ai loro habitat uno stato di conservazione favorevole.

La zona richiama sempre più l'attenzione degli istituti scientifici e, quasi dieci anni dopo, nell'ottobre del 1999, il ministri italiano, francese e monegasco, si riuniscono a Roma per una firma definitiva che vede la nascita ufficiale del Santuario internazionale dei Cetacei del Mar Ligure. Un'area protetta che in gran parte si trova in acque internazionali e che ha l'obiettivo di tutelare i 100.000 chilometri quadrati tra Tolone (Francia), Capo Falcone (Sardegna occidentale) e Fosso Chiarone (Toscana), in cui oggi è possibile navigare per conoscere meglio, ma senza disturbare, le specie protette presenti.

 
 

 
 

 

SANTUARIO DEI CETACEI DEL MAR LIGURE


Breve storia del Santuario dei Cetacei del Mar Ligure

1990-91 - La nascita dell’idea
L’Istituto Tethys propone il Progetto Pelagos, per la creazione di una Riserva della Biosfera nel bacino Corso-Liguro-Provenzale, che mostra la più alta concentrazione di cetacei tra tutti i mari italiani e probabilmente rappresenta l’area faunisticamente più ricca dell’intero Mediterraneo. Nel bacino si trova inoltre il principale sito di alimentazione per la balenottera comune in Mediterraneo.

1993 - Primo passo ufficiale
Il giorno 22 marzo i rappresentanti dei Ministeri dell'Ambiente di Francia e Italia e il Ministro di Stato del Principato di Monaco firmano a Bruxelles una Dichiarazione relativa all'istituzione di un Santuario Internazionale dei Cetacei del Mar Ligure.

1999 - Il Santuario diventa realtà
Il 25 novembre i Ministri si sono incontrati a Roma per firmare l’accordo definitivo che sancisce l’istituzione del Santuario. L’area di circa 100.000 Km2 comprende le acque tra Tolone (costa francese), Capo Falcone (Sardegna occidentale), Capo Ferro (Sardegna orientale) e Fosso Chiarone (Toscana).

L'evidenza scientifica

Il tratto di mare interessato dal Santuario è una porzione del Mediterraneo estremamente ricca di vita pelagica, e senz'altro la più importante dell'intero bacino per via delle popolazioni di cetacei che ospita.
Dall'estate del 1988 l'Istituto Tethys inizia una serie di ricerche sui cetacei nei mari italiani, e in particolar modo nel bacino Corso-Liguro-Provenzale, da cui appare chiaramente, in termini di frequenza di avvistamento, la netta superiorità di quest'ultima regione sui restanti mari d'Italia. Nel 1992 viene effettuato un censimento sulla superficie del futuro Santuario da parte dell'Istituto Tethys, da Greenpeace e dall'Università di Barcellona, che consente la stima numerica delle stenelle (32.800 esemplari) e delle balenottere comuni (830 esemplari) presenti nella zona nel periodo estivo.

Dal "Progetto Pelagos" al Santuario

La proposta dell'istituzione di un regime di protezione per i cetacei nel bacino Corso-Liguro-Provenzale nasce con il nome di Progetto Pelagos e viene presentata a Milano il 23 marzo 1990 dall'Istituto Tethys all'Associazione per la Fondazione Europea Rotary per l'Ambiente, che ne ha finanziato lo studio preliminare.
Il Progetto Pelagos propone l'istituzione di una Riserva della Biosfera nel bacino Corso-Liguro-Provenzale, che avrebbe dovuto essere gestita da un'autorità internazionale creata da Francia, Italia e Monaco, e con sede nel Principato.
Il Progetto Pelagos viene presentato ufficialmente al Museo Oceanografico di Monaco il 2 marzo 1991, alla presenza del principe Ranieri.
Nel 1992 si verificano, sia in Italia che in Francia, le condizioni politiche ideali perché un'iniziativa come il Progetto Pelagos potesse destare interesse presso le rispettive Amministrazioni. Viene costituita una commissione di lavoro, composta da rappresentanti dei tre Stati e delle comunità locali, e con la partecipazione di esperti del mondo scientifico, giuridico e ambientalista. La commissione ha prodotto il testo della Dichiarazione Congiunta relativa all'Istituzione di un Santuario Mediterraneo per i Mammiferi Marini. Questa dichiarazione prevede l'istituzione del Santuario, la designazione di un'autorità competente a coordinarne la gestione, e l'adozione di misure appropriate (tra cui il divieto di catture deliberate e di turbative intenzionali per motivi di ricerca, l'uso di reti pelagiche derivanti, la lotta contro l'inquinamento, la regolamentazione ed eventualmente il divieto di competizioni off-shore, la regolamentazione delle attività di whale-watching, e infine l'incoraggiamento di programmi di ricerca e di campagne di sensibilizzazione del grande pubblico) per garantire ai mammiferi marini della regione e ai loro habitat uno stato di conservazione favorevole. Si arriva così alla firma della Dichiarazione, sottoscritta a Bruxelles il 22 marzo 1993 in concomitanza con un Consiglio Ambiente della Comunità Europea. Presenti il Ministro dell'Ambiente francese Ségolène Royal, il Ministro dell'Ambiente italiano Valdo Spini e il Ministro di Stato del Principato di Monaco.
Il 29 settembre 1998 il Santuario del Mar Ligure è più vicino alla sua realizzazione, grazie alla presa di posizione del Governo Italiano che si impegna ufficialmente a promuovere la causa del Santuario con i governi francese e monegasco. Nell’ottobre 1999 i Ministri dei tre stati si riuniranno a Roma per la firma definitiva che sancisce la nascita ufficiale del Santuario, la cui idea originaria fu proposta dall’Istituto Tethys 10 anni fa. "E’ con grande soddisfazione e orgoglio che diamo il benvenuto al neonato Santuario - dice Margherita Zanardelli, Presidente dell’Istituto Tethys - questo è un passo molto importante per la conservazione dell’ambiente marino mediterraneo. Siamo entusiasti nel vedere le nostre idee di anni fa diventare una realtà; grazie al supporto che organizzazioni governative e non-governative hanno dato alla nostra proposta un nuovo capitolo si sta aprendo per i cetacei del Mediterraneo. Per la prima volta in Europa tre nazioni mediterranee hanno unito le loro forze per creare un’area protetta che in gran parte si trova in acque internazionali; quello che speriamo è che questo rappresenti un modello da imitare in altre zone del bacino del Mare Nostrum.


Il santuario infangato

Sul finire del 1999 Greenpeace ha denunciato il programma di smaltimento in mare dei fanghi di dragaggio del porto di Piombino. Nel progetto di ampliamento dello scalo era prevista la rimozione di circa 200.000 m3 di sedimenti, da scaricare nei fondali del neocostituito Santuario internazionale dei cetacei. Greenpeace si era opposta a questa ipotesi.
Non è infatti possibile affermare, come è invece indicato nel progetto, che il fondale di un porto ad alto traffico industriale abbia le stesse caratteristiche di un fondale di mare aperto. Greenpeace contesta quindi che questo travaso di fanghi sia senza conseguenze per l'ecosistema marino, tanto piu' all'interno del Santuario dei cetacei.
Anche soltanto valutando i risultati delle analisi effettuate prima dall'ARPA Toscana e poi dall'ICRAM (l'Istituto Centrale per la ricerca Applicata al Mare), risulta quantomeno discutibile la presunta equivalenza ipotizzata. Infatti i dati di questi studi rivelano concentrazioni di inquinanti in alcuni casi superiori a quelle rilevate in altre aree industriali. Questi valori, rapportati a parametri previsti in legislazioni di altri Paesi, rivelano chiaramente la contaminazione dei fanghi esaminati, e in alcuni casi i valori inquinanti risultano così alti da rendere obbligatorio lo smaltimento a terra in discarica controllata, come per i rifiuti industriali pericolosi.
Sottolineando la vastità dell'area da dragare e quindi la necessità di ulteriori indagini, Greenpeace aveva effettuato altri quattro campionamenti. A fine dicembre sono stati resi noti questi nuovi dati, che sono risultati in alcuni casi anche notevolmente diversi da quelli precedentemente raccolti. In particolare, le nuove analisi hanno rivelato un alto livello di contaminazione da idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti tossici che hanno origine dai processi di combustione.
Dal punto di vista fisico, inoltre, non è possibile considerare i fanghi di dragaggio come un materiale omogeneo, il che vuol dire che, una volta portati nel luogo di destinazione, non conserveranno a lungo lo stato di copertura uniforme del fondale: si calcola che circa il 20% dei sedimenti da trasferire è di dimensioni tali da essere facilmente trasportato dalle correnti marine, e quindi contaminare un'area molto piu' vasta. Come riportato nel documento del Mediterranean Action Plan dell'UNEP (Guidelines for the management of dredged material, 1999 Art. 6.3), "nell'ipotesi di incertezza sulla possibile diffusione dei contaminanti marini che potrebbero portare all'aumento della possibilità di spostamento dell'inquinamento, lo scarico di materiale dragato in mare aperto dovrebbe essere vietato".
In ogni caso va respinta decisamente la teoria secondo la quale materiali non inquinanti possono essere gettati a mare. Come sottolineato in una delle lettere inviate al Ministro dell'Ambiente Edo Ronchi per sollecitare un suo intervento, si correrebbe il rischio di giustificare lo scarico in mare di materiali inerti ingombranti, come ad esempio gli scarti edili, che rappresentano al momento un problema non secondario dello smaltimento dei rifiuti.
Greenpeace considera quindi inaccettabile qualsiasi ipotesi di scarico a mare dei fanghi del porto di Piombino, tantopiù in un'area tutelata a livello internazionale.